Come raggiungerci e siti di interesse

A casa Maretna si può arrivare uscendo al casello di Giarre dell’autostrada Messina-Catania (A18-E45) oppure scendendo alla Stazione ferroviaria di Giarre-Riposto.

E da essa è possibile visitare:

Catania

La splendida città barocca immersa in una vasta e amena pianura coltivata ad agrumi, Catania, ricca d'arte  e dove la cultura ''trasuda da ogni angolo''. La si avverte facendo una passeggiata per le strade del centro storico e dando uno sguardo ai tanti monumenti che il passato ci ha lasciato oppure ricordando i grandi artisti che qui sono nati o vissuti a partire da Vincenzo Bellini o dai grandi scrittori che hanno fatto la storia della letteratura italiana come Giovanni Verga, Luigi Capuana, Nino Martoglio, Brancati. Via Etnea è l'arteria principale, il salotto buono della città dove si trovano la maggior parte dei locali e dei monumenti. Chi avesse intenzione di visitare Catania dovrebbe quindi iniziare proprio da qui, da Piazza Duomo, dedicata alla patrona della città Sant'Agata. Il Duomo custodisce infatti le sacre reliquie della Santa, quelle del cardinale Dusmet, che i catanesi venerano come fosse un santo anche se non è ancora salito agli onori degli altari e quelle del grande compositore Vincenzo Bellini. A fare da sfondo il caratteristico mercato del pesce. Percorrendo Via Etnea ci si imbatte in Piazza Università, dove si trova il palazzo dell'antica Università di Catania e Palazzo San Giuliano, risalente al 1745. Proseguendo si può ammirare la Basilica della Colleggiata del 1768. Assolutamente da non perdere è il Castello Ursino, che si erge in Piazza Federico II, e fatto costruire nel 1239 dal re normanno Federico di Svevia. Il castello ha pianta quadrata con quattro torrioni d'angolo e un baglio all'aperto all'interno. Ospita il Museo Civico Comunale che custodisce materiale archeologico di eccezionale interesse.

Acitrezza

 

La magica Riviera dei Ciclopi sorge Aci Trezza, antico borgo marinaro che si specchia sulle acque cristalline del mare. Il nome Riviera dei Ciclopi si rifà ad un episodio cantato dal mitico Omero nell'Odissea in cui Ulisse, per sfuggire al terribile Ciclope Polifemo che lo aveva catturato insieme ai suoi compagni, acceca il gigante nel suo unico occhio con un dardo infuocato. L'eroe poi fugge con i suoi compagni, aggrappato al ventre di una pecora del ciclope. Polifemo, travolto dal dolore e dalla rabbia scaglia contro la nave di Ulisse in fuga tre massi, che tutt'ora si trovano di fronte ad Aci Trezza a testimoniare l'episodio e che prendono il nome di Faraglioni. In realtà si tratta di masse laviche nere e appuntite che emergono dalle acque. L'Isola Lachea, il più grande di questi scogli, è oggi sede di una stazione biologica dell'Università di Catania e riserva naturale.

Acicastello

"Vetusta", "antichissima" … già nel lontano passato tutti i documenti hanno qualificato con tali aggettivi la cittadina di lunga storia ai piedi della rocca che si protende sul mare: era, all'inizio del millennio appena trascorso, un Castello (un borgo fortificato), anzi il Castello della vasta Città di Aci che si estendeva per largo tratto della costa etnea lungo le pendici dell'Etna e che nel 1092, quando Ruggero il normanno dopo l'intermezzo arabo ricostituì la diocesi di Catania, fu affidata alla guida del vescovo bretone Ansgerio.
Proprio i Normanni  avrebbero legato il loro nome nella tradizione al Castello, del resto le loro caratteristiche di popolo guerriero meglio si attagliano a battezzare questa rupe inespugnabile (almeno finché si combatté senza usare le armi da fuoco) perché protetta dal mare quasi da ogni vento ed unita da ponente alla terraferma con lave difficilmente praticabili.
Alla base della rupe un posto di guardia selezionava i visitatori che, dopo la rituale rampa di scale, dovevano passare il ponte levatoio prima di salire nel vero e proprio maniero. Più giù il mare, nel lato nord, presentava un comodo, relativamente sicuro ed esclusivo attracco per le barche che lo rifornivano o erano impegnate a portare carichi preziosi in cima.
 Le altre caratteristiche di Castello medioevale derivavano a questa Terra dalla cinta muraria che s'apriva a semicerchio con un raggio di circa 400 metri dalla rupe. I pochi merli ancor oggi rimasti testimoniano la forza della struttura che offriva due porte d'ingresso: porta Catania a sud e porta Messina a nord.
Il Castello nel tempo accolse alcuni fra i Re che governarono la nostra Sicilia e fu a lungo concesso in feudo nonostante i catanesi, gelosi di quel tempio che aveva nel 1126 accolto le reliquie della loro Santa, chiedessero al Re Alfonso nel 1433 di non cedere più  la bellizza di tali juyellu quali esti lu castellu et locu di jachi a questo o quel barone.
Il 3 agosto del 1531 proprio nel Castello e nella sua cappella,  fu celebrato l'ultimo passaggio di potere dal barone al demanio reale.
 I rappresentanti delle contrade acesi avevano convinto (naturalmente con grosse somme di denaro) il Re a dare loro autonomia gestionale ed il fulcro di questa vita nuova della città fu Aquilia, l'odierna Acireale.
Lì furono trasferite tutte le attività della Corte cittadina, mentre il Castello rimase solo una contrada di periferia, perdendo poco a poco il fulgore passato e conservandolo solamente nello stemma della città che, fino ad oggi, molte Aci mantengono con orgoglio.
Sul maniero rimase il Castellano, un funzionario spagnolo direttamente dipendente dal Re (e naturalmente ossequiato da tutta la Città), con una piccola guarnigione che, più che altro, vigilava sui carcerati più pericolosi della zona.
All'interno delle mura, ormai in caduta libera, le poche case offrivano riparo ad un centinaio di persone che si stringevano attorno alla chiesetta di S. Mauro il cui culto diveniva la base per la crescita della nuova comunità.
Nel 1647 la terra del Castello si staccò di fatto dalla vecchia Aci grazie a Giovanni Andrea Massa, nobile genovese che si era impadronito di molti feudi della zona sud dell'Etna a ridosso di Catania (S. Gregorio, S. Giovanni La Punta, S. Pietro, Mascalucia etc.) ed aveva pensato di completare il suo Stato con l'acquisizione della marina castellese che gli apriva la possibilità di un commercio via mare tutto suo.
Il duca Massa entrato in possesso del feudo cercò di renderlo funzionale ai propri interessi: tirò su un bel palazzo (dove non andò mai ad abitare) ma soprattutto costruì magazzini, cantina e fondaco per sviluppare le sue attività commerciali.
Il resto (scaro, popolazione e strutture) già da secoli erano in attività: bisognava rendere autonoma amministrativamente quella gente che già da tempo, staccata dal resto della città di Aci formava una contrada popolata e con proprie tradizioni.
Nacque così l'Università del Castello di Aci e furono reperiti in loco gli uomini (giurati, giudice, capitano di giustizia) che governarono la nuova cittadina.
Intorno al 1748 fu creata in zona allora periferica la Chiesa di S. Giuseppe che nel tempo si è arricchita di dipinti che fanno bella mostra di sé all'interno di una struttura semplice ma ammiratissima nello splendido contesto della Piazza del Castello in cui è stata tirata su.
Immediatamente dopo l'Unità d'Italia la cittadina cominciò ad allargare i propri insediamenti abitativi fuori dall'antica cinta muraria; nel 1887 quasi ai confini con il territorio di Trezza nacque il cimitero fra le proteste dei proprietari del terreno che, pur prefigurando nelle loro menti il suo futuro valore, non pensavano minimamente al crollo agricolo della zona ed alla trasformazione della società che proprio in quegli anni Verga rappresentava nei Malavoglia.
E' oggi Aci Castello al centro di un territorio costiero che attira gente o per il turismo di vario tipo che gravita sui tanti alberghi della zona o per lo svago giornaliero offerto dal mare (ormai impera la moda dei bagni in ogni mese dell'anno) e dai tanti locali con programmi variegati che si offrono alla gente dell'hinterland etneo in ogni giorno della settimana.
Il Castello e la Piazza ai suoi piedi (con il vicino municipio) continuano ad essere le mete principali di coloro che non rinunciano alla passeggiata fra mare, sole e panorami incantevoli ma anche gli itinerari delle stradine interne offrono squarci ammirevoli di lavori settecenteschi in pietra lavica o di alberi secolari o di "altarini" fra i ciotoli e le basole di Via Savoia o lungo quartieri e vie che naturalmente sboccano a mare.
Sul Castello, storia e panorama a parte, ci sono da ammirare un piccolo museo civico e le splendide piante grasse dell'orto botanico che fa bella mostra di sé nel giardino pensile.
La parrocchia è intitolata a S. Mauro la cui chiesa, antichissima, è stata ricostruita nel 1961 dopo che un bombardamento l'aveva distrutta (ad eccezione del campanile, eretto nel 1767) il 21 luglio 1943.

Piazza Armerina

Piazza Armerina sorge nell'entroterra del Golfo di Gela, su un'altura dei monti Erei meridionali, nella Sicilia centrale, a quasi 700 m d'altitudine. La città, tra i maggiori punti di riferimento della provincia, è incastonata tra fitti ed estesi boschi misti con predominanza di eucaliptus, che si estendono ai suoi piedi a nord come a sud. Il territorio comunale della città rientra tra i primi 100 comuni italiani per superficie, piazzandosi al 37º posto con un'estensione di 302 km², che ne fanno il secondo centro della provincia alle spalle del capoluogo, ed il settimo della regione. Il suo punto più alto è di 877 m sul livello del mare, mentre quello più basso si colloca a quota 225 m, determinando una notevole escursione altimetrica che si registra tra il centro urbano e le località sottostanti, tra cui numerose sono le enclavi, ritagliate nei territori dei comuni limitrofi. Qualora dovesse formarsi la provincia di Gela, potrebbe rientrarvi anche Piazza Armerina.

La città è circondata, oltre che dalle foreste del parco della Ronza, e dagli altri boschi, da altri siti dalla prospera natura, quali ad esempio il lago d'Olivo, bacino artificiale creato a scopi irrigui, o il sito archeologico di Montagna di Marzo, avvolto anch'esso nel verde. Senza contare che in un raggio limitato, nei pressi di Enna, si apre il lago di Pergusa, incorniciato dall'incantevole riserva omonima ad alta naturalità, o altresì la Riserva naturale orientata Rossomanno Grottascura Bellia, parte della quale ricade proprio in territorio armerino. Quest'ultima riserva abbraccia il bosco di Rossomanno, che prende nome dall'omonimo monte, una fitta selva i cui sentieri sono stati recentemente tracciati di nuovo per favorire le attività escursionistiche e di trekking.

Caltagirone

Asse principale di Caltagirone è la lunga via Roma che, tagliando in due la città, arriva fino ai piedi dell'ormai famosa scalinata di S. Maria del Monte, sua continuazione ideale. Lungo la via si affacciano alcuni tra gli edifici più interessanti, con numerosi esempi di decori in maiolica. Nel tratto iniziale appare, sulla sinistra, la bella cinta della Villa comunale con il Teatrino.

Chi arriva a Caltagirone non può lasciarsi sfuggire una presenza che sembra accompagnare la città: la ceramica, che non solo troneggia all'interno dei negozi in un'euforia di vasi, piatti, suppellettili, ma abbellisce ponti, balaustre, facciate e balconi. E questo a testimonianza di un'arte che, in questa zona, è antica quasi quanto le origini della città.

Villa Comunale - E' un bellissimo giardino disegnato verso la metà del secolo scorso da Basile ed ispirato ai giardini inglesi. Il lato che si affaccia su via Roma è delimitato da una balaustrata ornata da vasi con inquietanti volti diavoleschi ai quali si alternano pigne dal verde intenso e lampioncini dai sostegni in maiolica. Il giardino si sviluppa in una serie di sentieri ombreggiati che celano spazi più ampi abbelliti da opere in ceramica, statue, fontane. Il più appariscente è senz'altro lo spiazzo con al centro un delizioso palchetto della musica dalle forme arabeggianti ed ornato da maioliche.

Museo della Ceramica - Il Teatrino, singolare costruzione settecentesca ornata di maioliche, ospita questo interessante museo che permette di ripercorrere la storia della ceramica locale dalla preistoria agli inizi del Novecento. Attraverso i manufatti si scoprono l'evoluzione delle forme e delle decorazioni. La diffusione e l'importanza della lavorazione dell'argilla è attestata da un bel cratere del V sec. a.C, su cui sono raffigurati un vasaio ed un giovane mentre lavorano al tornio.

Scala di S. Maria del Monte - La scala costituisce il punto di collegamento tra la città vecchia (superiore), sede nel '600 del potere religioso, e la parte nuova, ove invece erano raccolti gli edifici civili. Ai due lati si estendono i due vecchi quartieri di S. Giorgio e di S. Giacomo che racchiudono, nelle intricate viuzze, begli edifici religiosi. I 142 gradini in lava sono decorati, sull'alzata, da belle formelle in maiolica policroma che alternano motivi geometrici, floreali, decorativi e ispirati al mondo animale in un succedersi di reminiscenze arabe, normanne, spagnole, barocche e contemporanee. Una volta l'anno la scala brilla di fiammelle colorate che formano "quadri" ogni volta differenti: riccioli, volute, disegni floreali, figure femminili, o il più ricorrente simbolo della città, un'aquila con sul petto uno scudo crociato. Sono le notti di S. Giacomo, il 24 e 25 luglio, quando migliaia di lumini racchiusi in involucri rossi, gialli o verdi vengono disposti sulla scala ed accesi.
In cima alla scala. S. Maria del Monte, chiesa matrice, sede antica del potere religioso. All'altare maggiore si trova la Madonna di Conadomini, tavola del XIII sec.

Etna

Il parco è diviso in 4 zone: la zona A (19mila ettari) che interessa un vasto tratto di territorio che va da quota 870 mila metri sul livello del mare, nella zona di Monte Minardo, sul versante occidentale, sino ai crateri sommitali, a 3.300 metri. E' di proprietà pubblica e presenta una natura incontaminata. Non ci sono insediamenti abitativi di alcun genere se si fa eccezione per i casolari utilizzati dai pastori nel periodo estivo e per alcuni rifugi forestali. Dopo questa fascia si incontrano le formazioni pulviniformi ad astralago e poi formazioni forestali vere e proprie notevolmente estese: faggete, betulleti, pinete a pino laricio, querceti di cerro e nelle parti più basse boschi di roverella e leccio. La zona B (26mila ettari), è presente nei quattro versanti e raggiunge la massima altitudine, 1880 metri, in contrada Vetore nel versante Sud, mentre la quota più bassa è toccata a Monte Gorna, nel versante Est. E' ricoperta da formazioni naturali di pino laricio, cerro, roverella, leccio oltre che da castagneti, vigneti e noccioleti. Sono presenti colate laviche recenti (1983) ed antiche.La zona C (4mila ettari) fa parte del Preparco e interessa quote più basse del vulcano tra i 600 e gli 800 metri sul livello del mare, non molto distante dai centri abitati. Il paesaggio è fortemente contrassegnato da colture agricole ad ulivi, castagni, viti, mandorli e pistacchi nel versante occidentale, noccioli in quello orientale. La zona D (10mila ettari) è la fascia esterna del Preparco iniziando dalla quota più bassa di 580 metri in contrada Petrulli nel comune di Zafferana Etnea. In questa zona fortemente antropizzata, sono presenti dei relitti di bosco di querce, mentre sono molto estese le coltivazioni di ulivo, mandorlo, pistacchio e di ficodindia.Sul vulcano vivono ancora l'istrice, la volpe, il gatto selvatico, la martora, il coniglio, la lepre, la donnola, il riccio, il ghiro, il quercino e varie specie di topi e pipistrelli. Moltissimi sono gli uccelli ed in particolare i rapaci: tra quelli diurni lo sparviero, la poiana, il gheppio, il falco pellegrino e l'aquila reale; tra i notturni il barbagianni, l'assiolo, l'allocco, il gufo comune.
Aironi, anatre ed altri uccelli acquatici si possono osservare nel lago Gurrida, unica distesa d'acqua dell'area montana etnea. Sui rami degli alberi, nei boschi vivono la ghiandaia, il colombo selvatico, il verzellino, il passero, il merlo, il pettirosso, il cuculo, l'upupa.
Il ramarro e la lucertola popolano il sottobosco insieme alla pericolosa vipera la cui presenza ultimamente è aumentata per la mancanza di predatori. Infine, il fantastico universo degli insetti e degli altri artropodi: farfalle, grilli, cavallette, cicale, api con il loro fondamentale e insostituibile ruolo negli equilibri ecologici.

Zafferana Etnea e Milo

Zafferana Etnea vanta una produzione agricola basata sulla coltivazione di uva da mosto, frutta e funghi, ma è anche parecchio conosciuta per il suo squisito miele e per i relativi derivati.
Altrettanto importante risulta essere la produzione artigianale, che punta soprattutto sulla ceramica e sui manufatti in pietra lavica.

Il paese deve il suo nome al termine arabo "Zafaran", che significa giallo, il colore delle ginestre selvatiche che rappresentano il fiore tipico della zona, nonchè il colore dello zafferano, diffusissimo nei boschi circostanti.

Tra i monumenti di particolare interesse spiccano la Chiesa Madre, che custodisce al suo interno una tela raffigurante San Giuseppe col Bambino opera di Giuseppe Sciuti (1834-1911) e la Chiesa della Madonna delle Grazie.

I dintorni del paese sono splendidi e offrono la possibilità di intraprendere numerosi itinerari naturalistici, tutti compresi nel territorio del Parco dell’Etna: l’Ilice di “Carrinu”, la “Cisternazza”, Monte Zoccolaro, Parco dell'Etna, Rocche Musarra, la Val Calanna, la Valle Del Bove, la Valle Di S. Giacomo-Scalazza, il Vallone Acqua Rocca degli Zappini.

 

A 14 km dai 1.714 mt del Rifugio Citelli sull’Etna e a 10 km dalla costa ionica, Milo non è soltanto il comune più in alto sul versante est del vulcano, ma anche il luogo ideale per chi vuole godere contemporaneamente di due tipologie di vacanza, mare – montagna, caratteristica peculiare dei luoghi del Distretto Taormina Etna.
La panoramica strada Mareneve vi porterà fino a Piano Provenzana, uno dei punti base per godere del mitico “Mongibello”.
La Piazza Belvedere di Milo vi accoglierà come un grande balcone naturale, con il suo panorama mozzafiato, che guarda sul mare Jonio da un lato e verso l’Etna dall’altro.
E questo non è che l’inizio. Milo infatti offre infinite possibilità di escursioni, ed ogni suo sentiero presenta nuove meraviglie. Un funzionale Centro Servizi nei pressi della piazza vi offrirà tutte le informazioni necessarie.
Il centro storico non mancherà di regalarvi momenti di prezioso relax tra un’escursione e l’altra, godendo dell’aria salubre, mentre potrete passeggiare tra la Chiesa di Sant'Andrea, il Palazzo municipale, “l'abbiviraturi”, un abbeveratoio in pietra lavica dei primi del Novecento (fontana della Rinascita), il vecchio mulino, recentemente restaurato, la seicentesca Chiesa di Santa Maria del Monte Carmelo, il Villaggio turistico Angelo Musco e lo splendido Parco Scarbaglio.

Infine, a circa due chilometri, sorge Fornazzo, frazione di Milo, eletto nel 1992 “Villaggio ideale d'Italia” a seguito del concorso promosso dalla rivista Airone.

Letojanni

Una delle più importanti mete turistiche siciliane, Letojanni deve la sua fama alla bellezza del mare e delle sue spiagge di sabbia e ghiaia.
Ai piedi di Taormina, è una meta rinomata per tutti quelli che amano vivere al massimo il divertimento offerto dal punto più famoso, in Italia e nel mondo, della costa ionica.

 

Spiagge libere o attrezzate, alberghi, pensioni o b&b, centri salute e benessere, sale congressi, strutture sportive all’aperto o indoor, scuole di parapendio e deltaplano, immersioni, nautica, Letojanni nel corso dei decenni ha perfezionato la propria offerta di ricettività ed è oggi un teatro ideale per godere dello splendido ambiente jonico-etneo.

E la notte, la movida non si ferma, dalle luci di Taormina fino alla spiaggia di Letojanni, è tutto un fermento di vita e gioia, passeggiando a piedi nudi sulla sabbia fino all’alba.

 

Anche a Letojanni la storia ha lasciato il suo segno: da vedere la Chiesa di San Giuseppe, il Museo d’arte e di cultura siciliana, il Palazzo Durante e la Villa Hauser.

Isola Bella

L'Isola Bella è una piccola isola situata nel comune di Taormina, in provincia di Messina. L'esigua distanza dalla costa a volte, a causa della marea, si annulla, rendendola una penisola. È chiamata anche la perla del Mediterraneo. Il nome fu coniato dal barone tedesco, Wilhelm von Gloeden, che diffuse in tutto il mondo il valore artistico dell'isola. Donata nel 1806 da Ferdinando I di Borbone a Pancrazio Ciprioti sindaco di Taormina, fu acquistata nel 1890 da Lady Florence Trevelyan, nipote della Regina Vittoria e moglie del filantropo sindaco di Taormina prof. Salvatore Cacciola che la valorizzò costruendovi una pittoresca casetta e piantumandovi rare essenze pregiate, poi andò in eredità all'unico nipote maschio avv.Cesare Acrosso. Nel 1954 fu acquistata dai fratelli Busurgi, che vi realizzarono una splendida residenza con una minuscola piscina camuffata fra rocce e piantagioni. Nel 1984, su sollecitazione del Comune di Taormina, l'Assessorato regionale dei Beni Culturali dichiarò l'Isola Bella un monumento d'interesse storico artistico di particolare pregio in quanto: "esempio isolato di unicum come valore naturalistico, storico e culturale", sottoponendola a vincoli di tutela. Il decreto considerava l'isola come un "monumento naturale". Nel 1990 l'isola fu messa all'asta e acquistata dall'Assessorato dei Beni Culturali. Nel 1998 fu istituita riserva naturale, gestita dal WWF e di recente passata in gestione alla Provincia di Messina.

 

Gole dell' Alcantara

Le Gole dell'Alcantara sono situate nella Valle dell'Alcantara in Sicilia. Sono delle gole alte fino a 25 metri e larghe nei punti più stretti 2 metri e nei punti più larghi 4-5 metri; il canyon naturale, a differenza di quanto comunemente si pensa, non è stato scavato nel corso di migliaia di anni dall'acqua. L'ipotesi più accreditata è legata ad eventi sismici che, con un movimenti sussultorio-tettonici fecero letteralmente spaccare in due vecchi laghi basaltici formatisi dalla fuoriuscita di magma dalle fessurazioni , vecchie di 300.000 anni, dei basamenti pre-etnei, consentendo all'acqua del fiume di insinuarsi al suo interno. Questo fenomeno è evidenziato dal fatto che la struttura delle pareti (simile in alcuni punti a "cataste di legna" ed in altri a "colonne d'organo") è intatta e spigolosa.

Il fiume Alcantara scorre tra pietra lavica che forma il suo alveo caratteristico. Sul territorio di Motta Camastra in località Fondaco Motta si trova la gola più imponente e famosa dell'Alcantara, lunga per più di 6 km ma percorribile in modo agevole per i primi 3.

La particolarità di questa gola consiste nella struttura delle pareti, create da una colata di lava basaltica (povera di silicio ma ricca di ferro, magnesio e calcio). La lava si è poi raffreddata velocemente, permettendo di creare forme prismatiche pentagonali ed esagonali, che richiamano la struttura molecolare dei materiali che la costituiscono.

Accessi :


Da Messina percorrere la SS n.114 (che va fino a Catania), deviare presso Giardini Naxos verso la SS n.185, direzione Francavilla di Sicilia e dopo dodici chilometri si raggiungono le Gole dell'Alcàntara. Via Autostrada da Messina: imboccare l'Autostrada A18 in direzione Catania ed uscire a Giardini Naxos. Da Catania: imboccare l'Autostrada A18 in direzione Messina ed uscire a Giardini Naxos. Dall'uscita dell'autostrada proseguire per dodici chilometri in direzione di Francavilla di Sicilia.

Taormina

È uno dei centri turistici internazionali di maggiore rilievo della Sicilia per il suo incantevole paesaggio naturale, le bellezze marine e i suoi monumenti storici.

Sull'origine di Taormina (Tauromenion, Tauromenium) molte sono le notizie, ma incerte per documentazione e attendibilità.

Diodoro Siculo, nel 14° libro della sua Bibliotheca historica, attesta che i Siculi abitavano la rocca di Taormina, vivendo di agricoltura e di allevamento di bestiame, già prima dello sbarco dei Greci di Calcide Eubea nella baia di Taormina (753 a.C.), dove alle foci del fiume Alcantara, fondarono Naxos (odierna Giardini Naxos), la prima colonia greca di Sicilia. Dionisio di Siracusa, di origine dorica, ed alleato di Sparta nella guerra contro Atene, tollerò per poco tempo la presenza degli Jonici di Calcide Eubea a Naxos, alleati di Atene, ma successivamente mosse contro di essi che andarono ad occupare la parte a valle del Monte Tauro, in cui vivevano i Siculi insieme ad altri jonici che si erano precedentemente insediati da Naxos.

Ma negli anni della XCVI Olimpiade (396 a.C.) i nassioti in massa, minacciati da Dionisio, tiranno di Siracusa, si trasferirono a Tauromenion, spinti da Imilcone, condottiero dei Cartaginesi, alleato degli Jonici contro i Dorici, perché il colle era da considerarsi fortificato per natura. Poiché il tiranno di Siracusa voleva riprendersi con violenza il territorio dei Tauromenitani, essi risposero che apparteneva loro di diritto, poiché i propri antenati Greci ne avevano già preso possesso prima di loro stessi, scacciando gli abitanti locali.

Afferma Vito Amico che la suddetta versione sulle origini di Taormina fornita da Diodoro è contraddetta nel 16° libro, quando sostiene che Andromaco, dopo l'eccidio di Naxos del 403 a.C., radunati i superstiti li convince ad attestarsi nel 358 a.C. sulle pendici del vicino colle "dalla forma di toro", e di conseguenza il nascente abitato prese il nome di Tauromenion, toponimo composto da Toro e dalla forma greca menein, che significa rimanere[3].

Mentre le notizie fornite da Cluverio concordano con la seconda versione di Diodoro, Strabone narra che Taormina abbia avuto origine dagli Zanclei e dai Nassi. Ciò chiarirebbe in qualche modo, l'affermazione di Plinio, il quale afferma che Taormina in origine si chiamava Naxos.

Secondo la testimonianza di Diodoro Siculo, Taormina, governata saggiamente da Andromaco, progredisce, risplendendo in opulenza e in potenza. Nel 345 a.C. Timoleone da Corinto, sbarca e raggiunge Tauromenium, per chiedere l'appoggio militare al fine di sostenere la libertà dei Siracusani.

Il monumento antico più importante e meglio conservato di Taormina è il teatro.

Fu realizzato in un punto panoramico meraviglioso, da cui si ammirano la mole dell'Etna e il Mar Jonio.
Su alcuni gradini è inciso il nome di Filistide, la moglie di Ierone II, il tiranno di Siracusa che molto probabilmente nel III secolo a.C. fece costruire il teatro taorminese.
L'edificio fu ricostruito in età romana e più precisamente nel II secolo d.C.

La cavea, cioè lo spazio per le gradinate, ha un diametro di circa 109 metri ed è divisa in nove settori.
Il teatro di Taormina, per dimensioni, è il secondo della Sicilia dopo quello di Siracusa.
Alla sommità delle gradinate si trova un doppio portico, coperto da una volta.

Da anni ormai, il teatro di Taormina è la splendida cornice di eventi culturali e di premi di livello internazionale.

Il castello di Taormina si trova su una rocca del Monte Tauro, a quasi 400 metri di quota.
Da qui si poteva controllare la vallata del fiume Alcantara.
In età greca e romana, la rocca del Tauro era l'acropoli inferiore di Tauromenion.
Quella superiore, si trovava più a nord, presso l'attuale Castelmola.
Secondo la tradizione, il castello di Taormina fu costruito dagli arabi.
In realtà, non si conosce ancora il periodo in cui fu realizzato.
Tuttavia, è possibile che i musulmani ebbero nella rocca il loro baluardo nel 1079, durante l'assedio dei Normanni.
Il Conte Ruggero adottò un'ingegnosa strategia per tagliare ai saraceni ogni rifornimento: intorno a Taormina e alla sua rocca, il Conte fece edificare ventidue torri di legno. I musulmani si arresero dopo pochi mesi.
Durante il dominio di Federico II, chiamato "Stupor Mundi" per le sue qualità intellettuali, politiche e militari, il castello di Taormina fu affidato ad un nobile castellano.
La porta della fortezza era sorvegliata dalle sentinelle che sostavano sui camminamenti di ronda.
I muri esterni si sono conservati molto bene, mentre quelli interni sono quasi tutti crollati.

La cosiddetta Naumachia è una grande costruzione formata da un muro in mattoni, lungo 122 metri e alto 5.
Fu realizzata in età romana e più precisamente nel II sec. d.C.
Il nome Naumachia significa letteralmente "battaglia navale".
Infatti, una volta si credeva che il monumento fosse un circo acquatico, realizzato dai romani per le rappresentazioni di battaglie navali.
In realtà, il monumento è un grande ninfeo con nicchie, cioè una fontana monumentale con giochi d'acqua.
Le strutture romane sono state utilizzate come fondamenta per le case moderne.

Nel mondo greco-romano, l'Odeon era un piccolo teatro destinato alle rappresentazioni musicali e letterarie.
L'Odeon di Taormina è un autentico gioiello di architettura romana su cui, nel corso dei secoli, furono costruite diverse strutture.
La cavea è divisa in cinque settori ed è sormontata da una galleria in mattoni.
Probabilmente, il monumento fu costruito nel II secolo d.C. su un tempio greco più antico, oggi nascosto dalla Chiesa di Santa Caterina che risale al XVII secolo.

Piazza Duomo era il luogo preferito dagli uomini illustri che in passato visitarono Taormina, come Oscar Wild, Guy de Maupassant, Alexander Dumas j., Richard Wagner e Johannes Brahms.
Sulla Piazza, oltre al Duomo, si affaccia anche il Palazzo del Comune.
Al centro della Piazza si trova una magnifica fontana, attribuita ad uno degli ultimi allievi del fiorentino Montorsoli.
La fontana fu costruita nel 1635 su gradoni circolari. Deliziose sono le quattro fontanelle laterali.
Sullo zampillo centrale è scolpito il Minotauro, simbolo della città di Taormina.

Castelmola

Balcone naturale sopra Taormina, Castelmola è la vertigine della visione: entrano nel suo campo visivo, in un tripudio di fichi d'India, il maestoso Etna con i paesi aggrappati alle sue pendici, la costa ionica, il golfo di Giardini-Naxos, il Capo di S. Alessio, lo stretto di Messina e le coste calabre.L'antico Arco che segna l'ingresso nel paese è rimasto isolato dopo la costruzione di piazza S. Agostino nel 1954; la gradinata in pietra calcarea su cui è posto ne esalta la bellezza.

La piazza, realizzata a mosaico in pietra bianca lavica, restituisce l'atmosfera siciliana nei marciapiedi alberati in cui sono collocati i sedili in pietra e i belvedere dai quali l'occhio spazia su Taormina.

Del Castello-fortezza restano ormai solo le poderose mura normanne. Una lapide marmorea sistemata sulla facciata del duomo con incisioni greco-bizantine del X sec. ricorda: "Questo castello fu costruito sotto Costantino, patrizio e stratega di Sicilia". Dovrebbe trattarsi di Costantino Caramalo, ultimo stratega di Taormina.

Lungo la via i negozietti vendono souvenirs siciliani, pizzi e ricami delle donne del luogo.

Il Bar Turrisi espone con nonchalance i suoi falli in legno, coccio o ceramica, in un ambiente che sembra il regno dei masculi, retaggio di credenze magno-greche che solo qui, forse, resistono.

Si arriva in Piazza Duomo per vedere la Chiesa Madre, che nel 1934 ha ricoperto di nuove forme i precedenti stili che vanno dal romanico al gotico. All'interno vi sono quattro altari marmorei posti uno di fronte all'altro, un bel pulpito, una statua lignea della Maddalena della scuola del Bagnasco. L'ingresso principale è laterale rispetto alla piazza e si affaccia su un belvedere dal quale si ammirano l'Etna e il golfo di Naxos.

Sulla scorciatoia che porta a Taormina s'incontra la piazzetta-belvedere con la piccola Chiesa di S. Biagio, semplice e umile, la prima sorta a Castelmola dopo l'arrivo di S. Pancrazio a Taormina per portarvi la religione cristiana. La volta a botte e i prospetti sono il frutto di un recente restauro. Dentro c'è un affresco settecentesco, fuori il solito bel panorama.

 

Randazzo

Randazzo è collocata strategicamente al centro di quello che un tempo era il Val Demone. Una vera e propria perla ambientale ed architettonica, nel cuore di un territorio reso prezioso dalla “compresenza” di ben tre aree protette: il Parco dell’Etna, il Parco dei Nebrodi e il Parco Fluviale dell’Alcantara.

 

Le meraviglie naturali accessibili partendo da Randazzo sono innumerevoli, tra queste: il Demanio Camisa e il Demanio Santa Maria del Bosco, la Faggeta di Monte Spagnolo, la Grotta del Burrò, la Grotta del Gelo, il Lago Gurrida, il Lago Maulazzo (1.400 mt s.l.m.), la Masseria di Monte Colla, nonché la bellissima Riserva Naturale del Lago Trearie.

Una meravigliosa teoria di splendide chiese accompagna il visitatore mentre passeggia per le strade di Randazzo: la Basilica di Santa Maria (XII sec.) interamente costruita in pietra lavica, la Chiesa di San Nicolò (XIII sec.) contenente opere degne di nota tra le quali un trittico di Antonello da Messina, la Chiesa di San Martino, che vanta uno dei più bei campanili di Sicilia e le chiese bizantine in contrada Imbischi Acquafredda e in contrada S. Jannazzo.

 

Porte antiche e palazzi impreziosiscono il centro abitato: Palazzo Clarentano, Palazzo Comunale, il Palazzo del Marchese Romeo delle Torrazze, Palazzo Finocchiaro, Palazzo Lanza, Palazzo Reale, Palazzo Romeo, Porta Aragonese, Porta Pugliese, il Portale della casa gentilizia di Via Orto e il Portale di via Fisauli (XIV sec.).

Per approfondire le conoscenze su tutti i temi di questa magnifica vacanza è possibile visitare: il Museo archeologico Vagliasindi (all’interno del Castello Svevo), che conserva una preziosa collezione comprendente, tra l'altro, la celeberrima Oinochoe con il mito delle Boreadi; il Museo dei Pupi Siciliani e il Museo di Scienze Naturali.

 

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